Nella sede cittadina del Movimento dei Focolari, 29 associazioni bresciane, tra cui la Cisl e l’Anolf, hanno rinnovato, a due anni dalla prima sottoscrizione, l’adesione al “patto bresciano per un Islam italiano“, ripercorrendo il cammino e le iniziative intraprese insieme.
“Il dialogo, le iniziative comuni, il dibattere temi come le rispettive culture/religioni – sottolinea il presidente dell’ANOLF, Giovanni Punzi (al centro nella foto mentre firma il documento) – hanno favorito negli ultimi due anni a Brescia percorsi reali di integrazione, sfatando il luogo comune del radicalismo, ma soprattutto del fanatismo religioso. Inoltre, la partecipazione dei giovani alle diverse iniziative, in particolare quelli della seconda generazione, vale a dire i giovani nati e cresciuti in Italia, ha contributo ad accrescere il dialogo interculturale contrastando l’islamofobia, il fondamentalismo e la violenza“.
L’impegno è quello di continuare il confronto tra le varie religioni assumendo e facendo proprio il documento sottoscritto il 4 febbraio 2019 dal Papa Francesco e dal Grande Iman di Al-Azhar.
Le associazioni del “patto bresciano per un Islam italiano” si impegneranno ad intensificare gli incontri per la conoscenza della Costituzione Italiana, ad approfondire la cultura e la tradizione della realtà bresciana, a promuovere viaggi per conoscere e confrontarsi con altre realtà che vivono la fratellanza universale, ma soprattutto a partecipare ad eventi di cittadinanza attiva.
LA LIBERTÀ DI CULTO SANCITA DALLA COSTITUZIONE
Nel corso dell’incontro è stata approfondita, grazie al contributo dell’avvocato Mario Gorlani, la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato la legge approvata dalla regione Lombardia nel 2015 relativa agli spazi per le moschee e altri luoghi religiosi: una legge sbagliata perché viola l’articolo 19 della nostra Carta fondamentale che garantisce la libertà di culto.
La Corte ha annullato due disposizioni contenute nella norma approvata dalla Giunta regionale di centrodestra. La prima poneva come condizione per l’apertura di un nuovo luogo di culto l’esistenza di un piano per le attrezzature religiose, cioè di una mappa completa e meticolosa di tutti i luoghi di interesse religioso all’interno del comune intenzionato ad aprire il nuovo luogo di culto. La seconda prevedeva invece che il piano potesse essere adottato solo insieme al piano di governo del territorio. La Corte ha stabilito che la «necessaria contestualità, e il carattere del tutto discrezionale del potere del Comune, rendevano assolutamente incerta e aleatoria la possibilità di realizzare nuovi luoghi di culto».