Le montagne bresciane, “casa” della Resistenza e percorsi di memoria
TORNA INDIETRO

Le montagne bresciane, “casa” della Resistenza e percorsi di memoria

4 min per leggere questo articolo

Pubblicato il 16 Agosto 2015

ravelli damioli (fiamme verdi) e il vice sindaco di artogne(bs)Sono in tanti ad avere scelto le montagne di casa per trascorrere qualche giorno di vacanza. In questi giorni i sentieri sono pieni di escursionisti e i rifugi alpini affollati come poche altre volte nel corso dell’anno.

Le valli bresciane riservano sorprese paesaggistiche ed esperienze sempre nuove. E non è difficile imbattersi anche in qualche segno che ricorda come la montagna sia stata la “casa” della Resistenza e della lotta partigiana contro la dittatura del fascismo e contro l’occupazione militare dei nazisti.

 

Per salire a Monte Campione, ad esempio, e da lì camminare sui percorsi del sentiero delle tre valli bresciane, si passa da Artogne, uno dei tanti paesi della Valle Camonica che tra il 1943 e il 1945 ha visto i suoi giovani combattere per la libertà.

ANTONIO, IL CORAGGIO DI UN IDEALE GRANDE
Il nome di Artogne è in particolar modo legato a quello di un ragazzo di 19 anni, Antonio Lorenzetti, torturato e fucilato dai fascisti a Darfo nel 1944. Il suo coraggio e la sua storia – che portò ad intitolargli da subito una brigata partigiana – sono stati ricordati, come ogni anno, in una manifestazione promossa dal Comune insieme alle Fiamme Verdi guidate da Roberto Ravelli Damioli , all’Anpi, al Gruppo Alpini, all’Associazione Ex Internati e all’Associazione Divisione Acqui.

Monumento alla LibertàNella piazza centrale del paese, davanti al monumento dedicato alla Resistenza e alla libertà, hanno preso la parola il vice sindaco Federico Spandre (“Il messaggio dei giovani caduti nella Resistenza continua ad essere quello di una vigilanza attiva per difendere la libertà e la pace conquistate a così caro prezzo”), Bruno Fantoni, superstite della Brigata “Antonio Lorenzetti” (che ha sollecitato i giovani ad approfondire e riprendere i valori dei “ribelli per amore”) e Gigi Mastaglia, appassionato ricercatore di storie della Resistenza camuna.

L’AIUTO DELLA GENTE
Antonio Lorenzetti entrò nella Resistenza nel 1944, inquadrato nel Gruppo C14 delle Fiamme Verdi. “Continuamente braccati – ha ricordato Mastaglia – lui e i suoi compagni trovavano spesso rifugio nelle cascine di montagna sopra Artogne dove la gente del posto, pur sapendo di correre un grosso rischio, non mancava di aiutarli”.

LA CATTURA, LA TORTURA, LA FUCILAZIONE
Sfuggito all’eccidio di Malga Campelli il 24 Giugno 1944 [clicca QUI per sapere di più sull’episodio], venne catturato poco più di un mese dopo durante un’azione di sabotaggio alla linea ferroviaria nei pressi della località Ruch di Artogne per impedire l’arrivo in alta valle di un treno merci carico di materiale bellico tedesco. L’azione riuscì ma una pattuglia di soldati tedeschi, avvertita da una spia, intercettò i partigiani che stavano tornando verso la montagna. Antonio Lorenzetti, ferito, si nascose in un campo di grano proteggendo la fuga di un compagno. Catturato, con una gamba spezzata, venne trascinato fino al comando delle truppe naziste che aveva sede a Darfo. Nonostante le sevizie non diede ai suoi torturatori alcuna informazione sull’organizzazione partigiana; venne fucilato a ridosso di una cancellata.

ARTOGNE E LA RESISTENZA
Mastaglia ha ricordato che il primo gruppo di ribelli della Bassa Valle Camonica prese vita proprio ad Artogne: “Nella casa di don Ernesto Belotti, nell’oratorio del paese di Artogne, all’indomani dell’otto settembre 1943, si trovavano giovani volontari per aiutare gli sbandati che erano di passaggio per recarsi in Svizzera. Da quelle prime esperienze, venne l’idea di creare il Gruppo delle Fiamme Verdi di Artogne”.

SCELTE DI CAMPO, IERI …
Di don Ernesto e di Antonio Lorenzetti ha parlato in una recente testimonianza Virgilio Cotti Cometti [da questo link puoi leggere la cronaca della presentazione del volume], componente del direttivo delle Fiamme Verdi di Valle Camonica e organizzatore della commemorazione di Artogne: “L’ho conosciuto bene [Antonio], aveva la mia età abbiamo fatto l’asilo e le elementari insieme e con noi c’era anche Aldo Quetti che dopo la guerra ha ricoperto per anni la carica di Presidente dell’Anpi. Loro quando hanno ricevuto la cartolina precetto non si sono presentati e l’arresto di Don Ernesto (avvenuto il 4 dicembre 1943) li ha convinti a entrare stabilmente nel gruppo di ribelli che faceva capo all’oratorio di Artogne. Hanno capito che era il tempo di schierarsi decisamente da una parte o dall’altra”.

…COME OGGI
Anche oggi bisogna avere la forza di scelte chiare, soprattutto di fronte alla malafede di quelli che Mastaglia ha chiamato ‘professionisti del revisionismo’: “Per il rispetto che dobbiamo ai valori, agli ideali, ai principi per i quali milioni di uomini e donne hanno sacrificato la loro vita nell’immane conflitto mondiale – ha concluso l’oratore – noi riaffermiamo che Resistenza e fascismo non hanno la stessa dignità. Non possiamo accettare e non accetteremo la riabilitazione del fascismo, né sul piano storico né su quello etico. Il fascismo è nato ed e cresciuto nella violenza ed è stato sconfitto dalla storia”.

PER LA LIBERTÀ DI TUTTI
Lorenzetti ALa commemorazione ha avuto poi altri momenti significativi: l’omaggio alla memoria del partigiano Luigi Perinelli fucilato dai fascisti nel prato antistante il cimitero di Artogne; la visita alle tombe di Antonio Lorenzetti e Aldo Quetti; la messa celebrata dal Parroco di Artogne che ha voluto ricordare coloro che hanno donato la vita per la libertà di tutti.