Governo e sindacati hanno raggiunto questa mattina a Palazzo Chigi l’accordo sulla riforma del sistema previdenziale e la modifica dello scalone Maroni.
Dal 2008 si potrà andare in pensione di anzianità con 58 anni di età e 35 di contributi, dal primo luglio 2009 sarà necessario avere raggiunto quota 95 (la somma tra età anagrafica e contributiva) con 59 anni di età. La riforma non riguarda i lavoratori impegnati in attività ”usuranti”.
L’intesa è arrivata dopo oltre otto ore di confronto no-stop. Sono quasi le sette del mattino quando Romano Prodi scende nella sala stampa di Palazzo Chigi, stanco ma soddisfatto. “Con i sindacati è stato raggiunto un accordo rispettando i confini della spesa prefissata”, dice dopo una maratona durata più di otto ore.
Il presidente del Consiglio batte sul tasto della concertazione, che a suo avviso ha dato ancora una volta “i suoi frutti” con decisioni “coerenti e nel pieno rispetto dei confini di spesa prefissati. Il Professore sintetizza così il documento firmato insieme ai sindacati: “È una proposta che ha soddisfatto tutti noi e che sarà di grande soddisfazione per tutti gli italiani”. Concetti condivisi sia dal ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa che dal ministro del Lavoro Cesare Damiano, decisamente orgogliosi di aver “sottoscritto l’ultimo capitolo della riforma pensionistica” che, finalmente, “rimedia a vecchie carenze del sistema sociale e finanziario”.
Anche i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil lasciano Palazzo Chigi soddisfatti, dopo una “trattativa dura e difficile” che ha però dato i suoi frutti. Guglielmo Epifani si riserva solo ulteriori approfondimenti sul testo definitivo che sarà pronto lunedì mattina, ma Raffaele Bonanni dà subito un giudizio “molto, molto positivo”. E Luigi Angeletti chiarisce che il sindacato, contrariamente a come “volevano dipingerlo”, ha dimostrato di “non voler tutelare i padri contro i figli”. In sostanza, respinge al mittente le critiche di chi ha individuato nei sindacati confederali elementi di conservatorismo. (Ansa)
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