IPAB: gli anziani vogliono certezze
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IPAB: gli anziani vogliono certezze

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Pubblicato il 30 Maggio 2003

Dirigenti dei tre Sindacati confederali dei pensionati bresciani, operatori, Presidenti e dirigenti delle IPAB, erano oggi presenti al convegno promosso da SPI-CGIL, FNP-CISL e UILP-UIL sulle “Trasformazioni delle IPAB per anziani” come prescritto dalla legge della Regione Lombardia per i prossimi mesi.

Mario Clerici, introducendo i lavori, ha ricordato come le Case di Riposo,  superando la tradizionale funzione di ricovero cura e assistenza, svolgono ora tre specifici ed essenziali compiti quali il ricupero funzionale dell’anziano rispetto al contesto sociale ed abitativo, contrastano la progressione della disabilità ed impediscono l’emarginazione e l’isolamento favorendo le relazioni. L’organizzare diversamente l’offerta  di questi servizi e prestazioni non è una mera revisione giuridica degli Enti ma un impegno, un modello per determinare una risposta più soddisfacente rispetto ai mutevoli bisogni della popolazione anziana.

Clerici ha  ricordato che lo stato del dibattito sulle scelte delle IPAB, tra pubblico e privato (Azienda della Regione e Associazione privata) si è arenato su un esasperato concetto di libertà; libertà dallo stato assistenziale o per opposizione libertà dai vincoli regionali.

Giovanni Mele, vice presidente dell’ Associazione dei Comuni Lombardi (ANCI) ha ricordato come questa schematizzazione sia negativa  e figlia di un esasperato bipolarismo politico. Necessita invece che le IPAB  coinvolgano fortemente per queste trasformazioni le Amministrazioni locali per riscrivere un  nuovo patto tra la comunità  e la realtà sociale aumentando l’autonomia degli enti preposti, come le IPAB, e per valorizzare il carattere pubblico dei servizi socio-assistenziali.

Secondo  Mele, per scegliere tra i due modelli proposti dalla Regione, necessita valutare il ruolo che si vorrà far assumere alle nuove IPAB; con l’aziendalizzazione si potrà meglio valorizzare le attuali funzioni erogate mentre con la costituzione di una realtà associativa privata si può consolidare le situazioni attuali ma soprattutto prospettare interventi e nuovi obiettivi rispetto agli imminenti mutamenti del welfare. Ha infine ricordato come lo strumento della fondazione non significa privatizzazione soprattutto se la fondazione sarà “partecipata” dai Comuni.

Mario Mozzanica, docente di organizzazione dei servizi socio-sanitari dell’Università Cattolica di Milano, si è ampiamente soffermato sui  mutamenti dello stato sociale avvenuti in questo ultimo decennio e sulle prospettive immediate dello welfare quale condizione essenziale per valutare i nuovi bisogni degli anziani e i livelli di intervento su cui potranno impegnarsi conseguentemente le IPAB. Poiché la prevalenza degli aspetti economici sulla gestione di questi servizi  penalizza, non solo la qualità, ma compromette addirittura i diritti di cittadinanza degli anziani, necessita dotarsi di strumenti adeguati per limitare questa deriva. Gli interventi suggeriti da Mozzanica sono semplici quali il lavoro in comune delle IPAB con il 3° settore, una virtuosa alleanza in rete, una ricomposizione delle politiche sociali nei territori (ambiti distrettuali), la disponibilità delle IPAB per accreditarsi quali soggetti erogatori di voucher sociali e sanitari o come soggetti di riferimento per l’esternalità dei servizi delle ASL o dei Comuni o delle Aziende Ospedaliere.

Necessita quindi ben valutare l’interesse generale  e il cosiddetto bene comune che non sempre coincidono con il bene pubblico e il benessere privato (più garanzie per i cittadini o più libertà, soprattutto economica ?); come pure un esasperato pluralismo dei soggetti erogatori delle prestazioni non garantiscono la libera scelta o il livello di qualità. I cambiamenti introdotti con la modifica del titolo V della Costituzione cambiano gli scenari legislativi ma devono essere completati riassegnando tutte le funzioni amministrative agli Enti locali (Province e Comuni) anche in tema di servizi alla persona come previsto dalla legge 328/00 ora detenute dalle Regioni.

Per entrambi i relatori il contenitore di questi nuovi problemi sarà il piano sociale di zona dei Comuni, per verificare l’accreditamento dei vari soggetti, i livelli e la varietà delle prestazioni e per sperimentare nuovi modelli assistenziali; un piano di zona “forte” è uno strumento essenziale di programmazione e di garanzia dei servizi e non un vincolo o limitazione delle autonomie locali o delle IPAB.

Ha concluso i lavori, dopo vari interventi e le repliche dei relatori, Marco Fenaroli sottolineando il prossimo impegno del Sindacato unitario dei pensionati non solo per limitare l’aumento delle rette che, come noto gravano sui pensionati e sulle loro famiglie, ma per verificare la qualità delle prestazioni e sperimentare nuovi interventi.