Mauro Fabi, direttore responsabile del quotidiano “Conquiste del Lavoro”, firma oggi un editoriale dedicato alla terribile tragedia della notte tra mercoledì e giovedì sulla linea ferroviaria Torino-Milano in cui hanno perso la vita cinque operai travolti da un convoglio diretto al deposito.
L’Italia si è fermata a Brandizzo
Le tragedie non accadono mai per caso, le tragedie sul lavoro non sono mai figlie del destino. Il destino dei cinque operai della ditta Sogifer di Borgo Vercelli, arrivati poco prima della mezzanotte nei pressi della stazione di Brandizzo, nel torinese, era quello di fare il loro lavoro: sostituire alcuni pezzi di binario sulla linea, e poi magari andare a fare colazione e tornarsene a casa.
Invece un convoglio che doveva essere spostato verso un deposito li ha travolti e uccisi. Il convoglio, a quanto leggo, viaggiava vuoto e ad una velocità inimmaginabile, dato che doveva essere semplicemente spostato da un punto ad un altro, ma questa è materia degli inquirenti.
Quello su cui vorrei soffermarmi è invece la portata di questa sciagura. Che è immane.
E’ il secondo disastro sul lavoro in termini di vite umane dopo quello avvenuto alla ThyssenKrupp di Torino il 6 dicembre del 2007 dove morirono 7 operai a causa di una esplosione. Cosa è cambiato in questi sedici anni?
Quanti morti sul lavoro contiamo dal 2007 ad oggi? Non voglio andare a cercare, non voglio saperlo. Io so solo che questa notte l’Italia si è fermata a Brandizzo. Perché un Paese che non tutela, non mette in condizione di far lavorare in sicurezza, è un Paese che non può progredire, è un Paese invece che il giorno dopo si ferma e piange i suoi morti, che però non sono suoi, non lo sono mai stati dal momento che non li ha protetti e che a piangere sono solo quelli che questi morti lasciano, finché noi non ce ne dimenticheremo, perché dimentichiamo tutto quello che accade agli altri, come scriveva Montale: “Se uno muore/non importa a nessuno purché sia/ sconosciuto e lontano”.
Ma a noi deve importare. Sempre.
Perché la maggior parte di noi se ne stava nel suo letto o sul divano a quell’ora, la maggior parte di noi non lavora di notte né sostituisce pezzi di binari, perché bisogna uscire da se stessi, da queste gabbie individuali che ci siamo creati nelle case, sui social, ovunque. Noi dobbiamo esserci. E lo Stato deve esserci. Ma prima. Che lo Stato vada nell’enclave di Caivano va bene. Ma che lo Stato abbia dimenticato prima Caivano e le centinaia di Caivano sparse in tutto il Paese, consegnandole alla criminalità, consegnando i figli di questi non luoghi all’aberrazione, questo non va bene.