Anziani in Lombardia: più fragili dopo la tempesta?
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Anziani in Lombardia: più fragili dopo la tempesta?

Una ricerca promossa dai sindacati dei pensionati della Lombardia con l'Associazione per la Ricerca Sociale

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Pubblicato il 8 Febbraio 2023

E’ stata presentata questa mattina in un convegno a Milano la seconda parte della ricerca “Più fragili dopo la tempesta?”. Promossa da Fnp Cisl, Spi Cgil e Uilp, curata dall’Associazione per la ricerca sociale, la ricerca (che ha coinvolto oltre 1200 anziani e pre-anziani, a partire dai 55 anni) rileva lo stato di salute, condizioni di vita, bisogni e aspettative delle persone in età avanzata, con particolare attenzione ai temi dell’invecchiamento attivo.

“Dopo questi mesi di grave criticità sanitaria e sociale – è stato detto nell’introduzione ai lavori – e a fronte del perdurare della difficile situazione legata al Covid-19, poter orientare le azioni che andranno intraprese per adeguare i servizi e sviluppare politiche idonee a fornire risposte alla nuova realtà legata alla pandemia”.

I lombardi con più di 65 anni sono 2milioni e 300mila, un segmento di popolazione che aumenta al ritmo di 40-50mila unità all’anno. Per loro gli effetti della pandemia sono stati in primo luogo sanitari, poi sociali, nelle relazioni, nelle possibilità di aiuto, nell’uso del tempo e delle risorse che il territorio offre.

“Dopo questi due anni facciamo tutti fatica a immaginarci un domani possibile, esercizio che sappiamo essere frustrante perché ampiamente segnato da precarietà e incertezza. Questa riduzione di orizzonte – hanno affermato i ricercatori presentando il loro lavoro – incide ancora di più nella terza e quarta età, già di per sé segnate da spaesamento, sospensione, perdita di progettualità”.

La pandemia ha reso più fragile chi lo era già, mentre si è rivelata uno stress test per tutti gli altri, che hanno fatto ricorso alle risorse di aiuto, familiari anzitutto, e poi del proprio intorno sociale: dal mondo associativo e del terzo settore ai servizi pubblici quando presenti e disponibili.

Dallo studio emerge una fotografia composita, un’età anziana in cui coesistono almeno due mondi diversi: quello dei giovani anziani, sessantenni e inizio settantenni, che a dire il vero nemmeno si riconoscono come “anziani”, e quello dei grandi anziani, ultra 80enni. Due mondi molto diversi per condizioni di vita, di salute, risorse a disposizione, uso del tempo, prospettive.

Mentre gli ultra 80enni continuano a crescere, il gruppo che sta oggi sempre più consolidandosi sono i giovani anziani: persone nate tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, mediamente più istruite, socializzate, dinamiche, con una familiarità con le nuove tecnologie nettamente maggiore.

“Ma se allunghiamo lo sguardo – sottolineano i ricercatori – i mondi si moltiplicano, lungo faglie che distinguono i grandi centri dai territori periferici e dalle aree interne, gli uomini dalle donne, e poi tra condizioni economiche diverse, a loro volta legate a differenti provenienze familiari”.

Tre le preoccupazioni dominanti degli intervistati: salute, figli e solitudine, e la consapevolezza che al cuore di un buon invecchiamento c’è la trama di relazioni che si riesce a mantenere, a coltivare.

 

Piu’ fragili dopo la tempesta – Seconda ricerca sugli anziani in Lombardia