Una nonna che aiuta un bambino ad accendere la sua fiaccola. E’ l’immagine simbolo della marcia organizzata dalle organizzazioni sindacali e da diverse associazioni che ieri pomeriggio ha chiuso in città le tante iniziative promosse nel Giorno della memoria della persecuzione e dello sterminio del popolo ebraico messa in atto dal nazismo tra il 1933 e il 1945.
C’è in quella foto (uno scatto del servizio dell’Agenzia FotoLive) la sintesi di tante riflessioni e pensieri che i partecipanti si sono scambiati nel tragitto da Borgo Trento a piazza Militari bresciani caduti nei lager: il dovere di testimoniare il valore della libertà e della passione civile; la speranza che ci siano dei giovani capaci di raccogliere il testimone della storia; la necessità di trovare e creare occasioni per fare in modo che la memoria della Shoah non sia rinchiusa in una sola giornata.
IL SINDACO
“L”orrore che ha portato alla Shoah ci riguarda“, ha detto il sindaco Emilio Del Bono intervenendo davanti al monumento che ricorda le vittime dei campi di sterminio, perché quelle dell’intolleranza, della violenza, della sopraffazione e dell’ignoranza sono minacce sempre latenti; per costruire una convivenza condivisa occorre mettere in atto tutti gli anticorpi culturali che sono distintivi della società bresciana, punti fermi attraverso i quali ritessere consapevolezza e partecipazione democratica.
LO STUDENTE E IL TESTIMONE
C’è dunque tanto lavoro da fare, per tutti. Lo ha confermato l’intervento di Andrea Caniato, studente universitario, per il quale il timore è che la memoria si sia persa tra i giovani e che la storia – come dimostra l’atteggiamento contro i migranti – non sia più un monito in grado di orientare il presente.
Toccante la testimonianza di Cesare Carrara, che ha raccontato di suo padre, Roberto: faceva il falegname e nel 1944 si era unito alla Resistenza. Catturato dai nazifascisti venne deportato e assassinato nel campo di concentramento di Mauthausen.
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Altre fotografie della manifestazione
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