Esattamente 70 anni fa, il 24 marzo 1945, Giacomo Cappellini, comandante del Gruppo C8 della Divisione Fiamme Verdi “Tito Speri”, veniva fucilato sulla spianata del castello di Brescia.
Maestro elementare a Cerveno, subito dopo l’armistizio aveva organizzato con alcuni giovani una delle prime formazioni partigiane in Valle Camonica. Ferito a Lozio in uno scontro a fuoco con i fascisti mentre copriva la fuga dell’amico Carlo Sandrinelli, Cappellini venne arrestato e incarcerato nel gennaio del 1945.
FIORI SULLA TOMBA DELL’EROE DELLA RESISTENZA
La sua figura è stata ricordata sabato scorso nel suo paese natale in una messa celebrata nella parrocchiale alla quale hanno partecipato numerosi rappresentanti delle Fiamme Verdi, dell’Associazione partigiani, dell’Associazione Alpini; era presente anche il nipote del comandante partigiano. Dopo il rito religioso si è formato un corteo che ha raggiunto il cimitero dove è stata deposta una corona di fiori sulla tomba dell’eroe della Resistenza camuna.
STORIA E TEATRO
Nella Scuola elementare di Cerveno, intitolata proprio alla memoria di Giacomo Cappellini, la commemorazione ufficiale con gli interventi del sindaco Marzia Romano e dell’ex sindaco, storico e ricercatore, Giancarlo Maculotti, che hanno sottolineato alcuni aspetti della straordinaria testimonianza di un combattente per libertà insignito dal Presidente della Repubblica della Medaglia d’oro al valor militare.
La serata è poi proseguita con lo spettacolo teatrale scritto e diretto dal cervenese Marco Vaira che ha ripercorso le tappe salienti della vita di Cappellini.
LE CIRCOSTANZE DELLA CATTURA DEL COMANDANTE PARTIGIANO
I fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana di stanza a Breno, informati e guidati da una spia del paese, salirono in forze a Lozio con una colonna proveniente da Malegno e un’altra da Cerveno. Giacomo Cappellini e Carlo Sandrinelli che avevano visto salire la colonna di repubblichini da Malegno, tentarono di mettersi in salvo imboccando un sentiero verso la Concarena. Vennero però sorpresi dall’altra colonna di fascisti che iniziarono subito a sparare. Cappellini ordinò a Sandrinelli di allontanarsi coprendo la sua fuga rispondendo al fuoco dei fascisti. Venne però ferito e catturato.
LA PRIGIONIA E LA FUCILAZIONE
Trasportato su un carro prima a Malegno e poi a Breno nel comando della Guardia Nazionale Repubblicana, venne infine trasferito a Brescia ed imprigionato nella torre Mirabella del Castello dove rimase fino all’alba del 24 marzo quando venne fucilato. Le torture e le promesse di avere salva la vita non riuscirono a piegare il comandante partigiano. Prima della fucilazione volle stringere la mano a tutti i componenti il plotone di esecuzione, perdonando chi gli aveva fatto del male.
(testo di Gigi Mastaglia)