Spiega l’Antitrust in una nota: “Anche sulla base di quanto emerso nel corso delle ispezioni eseguite con l’assistenza della Guardia di Finanza (Gruppo Antitrust – Nucleo speciale Tutela mercati), l’Autorità ha accertato che i quattro operatori hanno attuato una pratica commerciale scorretta riconducibile a due condotte: da un lato, l’omissione di informazioni circa il fatto che il contratto di telefonia mobile sottoscritto preabilita la sim alla ricezione dei servizi a sovrapprezzo, nonché circa l’esistenza del blocco selettivo per impedire tale ricezione e la necessità per l’utente che voglia giovarsene di doversi attivare mediante una richiesta esplicita di adesione alla procedura di blocco; dall’altro, l’adozione da parte dell’operatore di telefonia mobile di un comportamento qualificato come aggressivo, consistente nell’attuazione di una procedura automatica di attivazione del servizio e di fatturazione in assenza di qualsiasi autorizzazione da parte del cliente al pagamento, nonché di qualsiasi controllo sulla attendibilità delle richieste di attivazione provenienti da soggetti quali i fornitori di servizi estranei al rapporto negoziale fra utente e operatore”. Insomma: gli operatori telefonici, spiega l’Antitrust, sono responsabili di quei servizi non richiesti che fanno poi pagare anche senza autorizzazione dei clienti.
Nei confronti delle società H3G e Tim, spiega ancora l’Antitrust, “la pratica si è articolata in un’ulteriore condotta consistente nella diffusione di messaggi che omettono informazioni rilevanti o che determinano l’accesso e l’attivazione del servizio a sovrapprezzo senza un’espressa manifestazione di volontà da parte dell’utente”. Ma la responsabilità delle aziende multate deriva per l’Antitrust anche da altri fattori, che richiamano in particolare il guadagno economico delle compagnie: “gli operatori traggono infatti uno specifico vantaggio economico dalla commercializzazione dei servizi premium, in quanto condividono con i fornitori i ricavi dei servizi erogati, trattenendone un’elevata percentuale – spiega l’Autorità – E inoltre, si sono dimostrati ampiamente consapevoli circa la sussistenza di attivazioni e di addebiti relativi a servizi non richiesti da parte dei propri clienti mobili”. L’Antitrust ha dunque ritenuto questa pratica idonea a falsare il comportamento del consumatore e contraria alla diligenza professionale e ne ha vietato la diffusione e continuazione. Gli operatori avranno 60 giorni di tempo per comunicare le iniziative assunte per ottemperare alla diffida. E poi ci sono le sanzioni.
Le multe, e la considerazione sulla responsabilità delle compagnie telefoniche, sono accolte con comprensibile favore da parte delle associazioni dei consumatori.
“Le aziende di telefonia sono responsabili delle modalità scorrette di vendita dei servizi a sovrapprezzo che da tempo tartassano i consumatori di telefonia mobile”, dice Adiconsum che per voce del presidente nazionale Pietro Giordano commenta: “È stato confermato anche il nostro sospetto circa la responsabilità diretta delle aziende di telefonia (da loro sempre negata) nel business dei servizi premium. L’AGCM ha, infatti, accertato che le Telco traggono uno specifico vantaggio economico dalla commercializzazione dei servizi premium, in quanto condividono con i fornitori i ricavi dei servizi erogati, trattenendone un’elevata percentuale. Ora bisogna voltare pagina – continua Giordano – Le Telco, oltre al pagamento delle multe, devono trovare, con le Associazioni Consumatori le modalità per risarcire il maltolto alle migliaia di consumatori costretti a pagare abbonamenti settimanali mai richiesti”.