E’ un senso di amarezza profonda quello che si fa strada il giorno dopo la sentenza con cui la Corte d’assise e d’appello del Tribunale di Brescia ha mandato assolti tutti gli imputati della strage di Piazza della Loggia. «E´ stata una corsa in salita – ha detto Enzo Torri, Segretario generale della Cisl che è tra le parti civili che hanno proposto l’appello – Vedremo se nel dispositivo ci saranno elementi che almeno sul piano della verità storica possano ricondurre a chi ha agito perchè la verità non venisse fuori». Sulla vicenda processuale, sulla verità storica, sul dovere di continuare a fare memoria di una ferita così grande per la città, il quotidiano Bresciaoggi ha intervistato Franco Castrezzati, figura di spicco della Cisl e del sindacalismo bresciano degli anni Settanta: la mattina del 28 maggio 1974, quando scoppiò la bomba, era lui che stava parlando dal palco della manifestazione che aveva portato in Piazza Loggia centinaia di lavoratori, studenti e cittadini.
BRESCIAOGGI – 15 aprile 2012
Castrezzati: «Ma i giovani devono ricordare quei giorni»
di Luciano Costa
Franco Castrezzati conta i giorni guardando dalla sua finestra i tetti delle case del villaggio. Ha i capelli radi, ancora brizzolati, quasi bianchi; nasconde l´affievolirsi dell’udito con un apparecchio quasi impercettibile; mantiene l´aria pensosa che contrassegnò la sua stagione di dirigente sindacale, ma insiste nel dire che ormai lui rappresenta solo il passato. Le decisioni assunte ieri dal Tribunale di Brescia in merito alla strage avvenuta il 28 maggio 1974, trentotto anni fa, non lo stupiscono. Però, il volto del vecchio sindacalista è rigato da un velo di tristezza infinita, difficile da nascondere. Il mattino della Strage, trentotto anni fa, Franco Castrezzati, allora segretario provinciale della Fim Cisl, stava parlando agli operai di diritti da conquistare e di doveri da mettere in campo. Oggi ha ottanta e passa anni e fa il pensionato, ma quel sociale che ha masticato per tanti anni gli impedisce di star fuori completamente dalle vicende della sua città e della sua provincia delle quali, più di altri, è memoria storica.
Franco Castrezzati non ama le interviste. Preferisce, se parola e gambe lo reggono, colloquiare con i giovani, quelli che il giorno della Strage di piazza della Loggia non erano ancora nati e che adesso hanno urgente bisogno di capire.
«Dobbiamo spiegare a questi ragazzi che il loro presente libero e innocente ha le proprie fondamenta nelle lotte operaie degli anni Settanta, nelle tragedie consumate a Milano, qui a Brescia, a Bologna e altrove – dice il vecchio sindacalista -. Dobbiamo far loro capire che libertà, verità e giustizia non sono virtù che si ottengono in dono, ma conseguenza di un impegno, di un modo di vivere e di pensare che deve essere alimentato e fortificato giorno dopo giorno».
Castrezzati, questa era anche l´utopia portata in Piazza Loggia il mattino della strage, il 28 maggio del 1974?
«Certo. Noi, allora, chiedevamo case, lavoro, il riconoscimento di diritti fondamentali, dignità per i lavoratori, pari opportunità, libertà, democrazia, giustizia. Chiedevamo fosse posto al bando qualsiasi estremismo. Mettevamo in guardia contro il risorgere del fascismo di cui avevamo, purtroppo, tragica percezione. L´utopia di un sindacalismo di ispirazione cattolica al quale sentivamo di appartenere, un sindacalismo capace di costruire unità attorno a valori importanti, ci spingeva a immaginare una società nel suo insieme più disponibile a stare dalla parte dei più deboli, dei meno accettati, dei più esposti alle logiche del profitto. Quell’utopia guidava il nostro impegno alla ricerca di una democrazia compiuta, di una libertà vissuta, di una giustizia finalmente praticata».
E la bomba messa in piazza da mani assassine cancellò quell’utopia?
«No, no! Anzi, quella bomba rafforzò la nostra utopia, la nostra ricerca di una società più giusta e maggiormente consapevole della necessità di eliminare steccati per far posto ad una vera e vissuta tolleranza».
A distanza di tanto tempo cosa ricorda di quella tragica mattina?
«Gli anni, piuttosto che affievolire, moltiplicano pensieri, ricordi, immagini, volti di persone amiche che hanno subito quella violenza e amplificano il rumore provocato dallo scoppio della bomba. Successe tutto in modo così improvviso… Cercavo di infondere calma e sicurezza, ma avevo soltanto voglia di piangere e di gridare la mia disperazione. Poi ci toccò la dolorosa conta dei morti e dei feriti».
Da allora che cosa è cambiato?
«La Strage di piazza della Loggia ha fatto modificare i metodi di lotta all’eversione estremista. La mobilitazione dei lavoratori e dei cittadini bresciani pose le forze dell’ordine e la magistratura nella condizione di operare sapendo che dietro di loro era schierato un popolo che non era disposto a farsi sopraffare dalla violenza, di qualunque colore essa fosse rivestita. Anno dopo anno si fece largo e si impose la consapevolezza di appartenere a una nazione votata alla pacifica convivenza e non allo scontro invocato dagli opposti estremismi. Si crearono nuovi spazi di dialogo e di confronto che favorirono, più tardi, una stagione contrattuale finalmente contraddistinta dalla volontà di dar vita a nuove e più consone relazioni industriali».
Quello che non è cambiato è l´esito delle indagini e dei processi?.
«E´ vero. Fummo delusi, siamo ancora delusi. E a trentotto anni di distanza resto ancora in attesa della verità, di conoscere il nome dei mandanti e degli esecutori. Mi resta soltanto la speranza di vedere sorgere un giorno in cui potrò dire che Giustizia è stata fatta e che la Verità ha cancellato i torti subiti?».
Nel frattempo, vale ancora la pena ricordare, chiamare la gente in piazza ad ogni anniversario, parlare ai giovani di fascismo ed antifascismo?
«Credo, soprattutto, sia necessario non dimenticare e non sottovalutare l´insegnamento che la storia ci ha consegnato. Il “nuovo” di cui tanto si parla deve alimentarsi di memoria piuttosto che di parole».