Che futuro può avere un Paese che non investe sulla scuola?
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Che futuro può avere un Paese che non investe sulla scuola?

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Pubblicato il 21 Settembre 2011

«In Italia abbiamo segnali preoccupanti di un Paese che non crede nella scuola come motore di sviluppo. E a farne le spese saranno soprattutto le generazioni future». Intervistato dal Giornale di Brescia Enrico Franceschini, Segretario generale della Cisl Scuola , spiega che ben diversa è la situazione di altri Paesi dove, «anche in un momento economico difficile, sulla scuola non hanno tagliato ma investono».Sono molte le criticità che Franceschini evidenzia all’avvio del nuovo anno scolastico: «La scuola è ripartita con numerosi problemi. Uno riguarda ad esempio i posti di sostegno: ancora non è stata fatta la ripartizione regionale dei posti in deroga. Auspichiamo poi qualche posto in più anche per il personale non docente: basti pensare che talvolta diventano problematici i servizi di segreteria. In alcuni casi persino aprire e chiudere la scuola è complicato».
Quanto agli insegnanti il segretario della Cisl scuola osserva: «Quando ci domandiamo che qualità abbiamo nelle nostre scuole, non si può non notare che è garantita solo dal buon senso e dalla professionalità del personale che vi opera. Personale che andrebbe valorizzato. Invece accade il contrario, tant’è che in ogni manovra viene bastonato. Recentemente si sono aggiunti il blocco del contratto fino al 2015, con conseguente perdita del potere d’acquisto; lo slittamento per la buonuscita o Tfr; la pensione procrastinata di un anno rispetto all’acquisizione dei diritti».
C’è però anche qualche segnale positivo: «Da quest’anno, con la manovra di luglio, a Brescia sono entrati in ruolo in 1.500 tra docenti e personale tecnico-amministrativo. E questo si deve anche alla nostra pressione. A livello nazionale parliamo invece di 67mila lavoratori. Auspichiamo che le promesse siano mantenute e che nel giro di tre anni siano stabilizzati in 140mila».