C’è preoccupazione per 80 posti di lavoro a rischio nel Parco dello Stelvio. Oliviero Sora, Segretario della Fai regionale che in accordo con la Fai bresciana segue i lavoratori forestali anche del nostro territorio, ne ha spiegato le ragioni in una intervista pubblicata dal Giornale di Brescia che riportiamo qui di seguito. Nella sezione video del sito è anche disponibile sullo stesso argomento il servizio del telegiornale di Teleboario.
DAL GIORNALE DI BRESCIA DEL 23 GIUGNO 2011
Per il Parco nazionale dello Stelvio, si fa un po’ più buio. Dopo il paventato smembramento di fine anno in tre differenti aree, una lombarda, una trentina e una altoatesina, ora rischia di spegnersi una luce anche sul personale che opera nei boschi, sui sentieri e sulle frane del Parco.
A dare l’allarme è il sindacato Fai Cisl di Lombardia, Valcamonica-Sebino e Trento-Bolzano, preoccupato per i circa 80 lavoratori forestali che operano nell’ente. I loro contratti potrebbero chiudersi il 30 giugno (per il personale di Bolzano e Trento) e il 31 luglio per i lombardi. Questa volta, l’imputato non è la «solita» assenza di fondi. Regione e Province autonome, infatti, hanno già a bilancio i soldi necessari per il proseguimento dei lavori per tutto il 2011, ma di mezzo c’è la «legge Brunetta» (la 122 del 2010), che impone agli enti pubblici un limite di spesa del 50% inferiore al 2009 per lavori in economia diretta (come quelli degli stagionali dello Stelvio). «Dopo il tentativo di dividere il Parco in tre micro-aree, dove ogni territorio doveva essere gestito direttamente dalle Province autonome e dalla Regione – scrivono i sindacati -, la seconda fase è quella di azzerare la forza lavoro che opera nel Parco, mantenendo solo il cuore pensante a Bormio. Siamo sicuri che appaltare i lavori sia più economico e che la qualità del lavoro sia uguale?».
Nelle stanze del Parco c’è nervosismo. Il direttore camuno Ferruccio Tomasi assicura che «farà l’impossibile per far lavorare ancora gli operai». «Su mia pressione – afferma – l’altro giorno i presidenti delle Province autonome e Formigoni hanno mandato un telegramma al ministero dell’Economia, chiedendo che risolva l’intoppo. I soldi ci sono, ma non possiamo spenderli. Aspetto solo una risposta positiva da Roma e incontrerò i sindacati il 29 giugno».
Come già in passato, Tomasi torna sullo «smembramento», parola che non vuole neppure sentir pronunciare. «Non si tratta di dividere il Parco in tre – dice -, ma di ricercare una nuova modalità di gestione e finanziamento. Ci siamo trovati qualche giorno fa a Roma e ho le rassicurazioni che resta Parco nazionale unito, con un nuovo organismo di gestione di sette persone, oggi sono 65». Il decreto legislativo che prescrive i cambiamenti non è ancora stato firmato dal Presidente della Repubblica (fermo da fine 2010), ma da Roma sono altre le notizie che 80 lavoratori attendono.