Sempre più giovani senza lavoro
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Sempre più giovani senza lavoro

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Pubblicato il 8 Gennaio 2011

Sempre più giovani senza lavoro: il 28,9%, secondo i dati diffusi dall’Istat. Il tasso è tornato ai livelli del gennaio del 2004, data di avvio delle serie storiche, e la preoccupazione di sindacati, economisti e associazioni di consumatori torna a salire. Resta invece stabile all’8,7% (contro una media europea del 10,1% e sempre sui massimi del 2004), il dato della disoccupazione complessiva. Il ministro del Lavoro Sacconi ha annunciato che nei prossimi giorni si riunirà la cabina di regia per l’attuazione del Piano nazionale per l’occupabilità dei giovani «per verificare lo stato di attuazione del Piano e programmare le nuove iniziative. In particolare – afferma in una nota – si esamineranno le nuove iniziative di spesa deliberate a fine anno dal ministero del Lavoro per circa 200 milioni di euro e dal ministero della Gioventù per circa 50 milioni, rivolte alla promozione dell’apprendistato nei lavori tradizionali e manuali dell’artigianato, contro la dispersione scolastica giovanile, al sostegno dell’occupazione dei lavoratori svantaggiati, come i giovani disoccupati di lungo periodo, attraverso le agenzie per il lavoro e l’assunzione a tempo indeterminato degli under 35 con figli a carico». Secondo la Cisl ora più che mai «tutti devono fare la loro parte per promuovere l’accesso al lavoro dei giovani», come dice Giorgio Santini, segretario generale aggiunto, perché «non è tempo di scontri ideologici». L’Ugl chiede «misure urgenti», e la Uil «terapie d’urto che favoriscano, con incentivi corposi, quelle imprese che potranno far riprendere i livelli occupazionali con un lavoro non occasionale ma di qualità». Interessante, tuttavia, il dato che emerge da uno studio della Camera di commercio di Milano, secondo il quale in dieci anni il sistema produttivo italiano sarebbe stato più povero senza il contributo delle imprese aperte da cittadini stranieri: sarebbero quasi 285mila le imprese in meno, ovvero quasi 2 imprese su 3 (62%) le nuove imprese attive tra il 2000 e il 2010 (pari a 455 mila). Ma chi avrebbe fatto un passo indietro nel numero di imprese, andando in negativo senza il contributo degli stranieri? Sarebbero in rosso ben otto regioni (rispetto ad una di solo 2 anni fa): il Piemonte registra ad esempio una crescita del 6,4% in dieci anni, che scenderebbe a -0,1% senza imprese straniere. Lo stesso accade per la Liguria (da +7% a -0,6%) e l’Emilia Romagna (da +5,5% a -1,4%).