La crisi dell’avicola S. Martino
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La crisi dell’avicola S. Martino

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Pubblicato il 26 Luglio 2005

Si fa sempre più difficile la soluzione della crisi della Avicola S. Martino di Cazzago, azienda in affitto al Gruppo Amadori. In pericolo è il posto di lavoro dei 79 dipendenti, in stragrande maggioranza donne. Dopo l’avvio della procedura di mobilità, voluta dalla direzione aziendale, datata 22 giugno 2005, a ben poco sono serviti i tentativi avviati dal sindacato, in collaborazione con le amministrazioni locali, per arrivare ad una decisione meno drastica da parte del Gruppo Amadori.

A fronte dei sacrifici che ha prospettato ai lavoratori, che vanno dalla rinuncia ai premi finora concordati, alle indennità di lavoro del sabato e alle pause retribuite nel lavoro di catena (vale a dire da 900 a 1300 Euro in meno all’anno), l’azienda propone il passaggio ad un nuovo contratto di lavoro, il ricorso a lavoratori “avventizi” in misura doppia rispetto agli attuali organici e un piano d’investimenti di 2,2 milioni di Euro. Una proposta inaccettabile – dicono i sindacati – soprattutto perché formulata come un ultimatum. Il tempo previsto dalla procedura di mobilità perché le parti arrivino un’intesa in sede sindacale è ormai scaduto.

Oltre ad un senso di frustrazione e rabbia per le penalizzanti condizioni imposte dall’azienda, si fa strada tra i lavoratori la preoccupazione per il mantenimento del posto di lavoro. Adesso la patata bollente passa nelle mani dell’Assessorato provinciale alle attività produttive, chiamato da FAI-Cisl e FLAI-Cgil ad esercitare il suo ruolo di mediazione nella speranza che l’intervento istituzionale possa sbloccare la situazione.