Tessile: una crisi che ha bisogno delle istituzioni
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Tessile: una crisi che ha bisogno delle istituzioni

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Pubblicato il 5 Aprile 2005

È iniziato ieri pomeriggio, nell’Auditorium di via Altipiano d’Asiago, il Congresso della FEMCA CISL di Brescia, la Categoria che sindacalizza i lavoratori del settore tessile e del settore chimico. “Siamo una federazione – ha detto in apertura della relazione congressuale il Segretario generale Francesco Salottini – che assiste e riceve fiducia da 2500 lavoratori in 170 aziende, con 30 contratti di lavoro diversi. Gli addetti che lavorano nei settori da noi seguiti sono circa 32.000, due terzi dei quali nell’area tessile e un terzo nell’area chimica. La nostra provincia è passata dalle 4.000 imprese del 1991 con 40.000 addetti, alle 2.500 imprese, con un’occupazione praticamente dimezzata, nel 2003. Pertanto tra il 1991 e il 2003 abbiamo perso 18.000 posti di lavoro. Oggi, dei 23.000 occupati nei nostri settori, 5000 lavoratori sono stretti tra casa integrazione e licenziamenti. Le ore autorizzate di cassa integrazione sono aumentate tra il 2003 e il 2004 del 123 %. In estrema sintesi: un lavoratore su quattro ha provato e sta provando sulla propria pelle gli effetti dei ritardi strategici del settore e l’internazionalizzazione dei mercati”.

Una fotografia senza sconti quella che Salottini traccia davanti ai delegati al Congresso, per avviare una riflessione vera sui trasferimenti delle produzioni nei Paesi dell’Est e in Asia, sul travisamento dei contenuti della globalizzazione, sulla mancanza di scelte di fondo a difesa del Made in Italy.

“I licenziamenti e la chiusura di tante aziende avvenuta in questi anni nel nostro Paese, nella nostra provincia, sono anche la conseguenza delle condizioni di sfruttamento alle quali sono sottoposti donne e uomini in altre aree del pianeta. – ha spiegato il Segretario generale della FEMCA CISL – Non possiamo rimanere indifferenti al fatto che una significativa quantità di merci e prodotti distribuiti nel nostro paese sono il risultato di sfruttamento e negazione dei diritti umani e sociali in altri paesi. La povertà e la mancanza di diritti e di legislazione del lavoro in alcune parti del mondo, stanno mettendo in discussione il nostro benessere e le nostre garanzie di occupazione. Il nostro impegno, dunque , deve indirizzarsi verso una solidarietà che assuma sempre di più dimensioni internazionali. Siamo chiamati a prendere sempre più coscienza della dimensione ormai mondiale dei problemi ed attivarci per concorrere in forme  significative alla globalizzazione dei diritti. Se non esistono più confini per il mercato e per il sistema economico, dobbiamo sentirci impegnati a rompere i recinti che impediscono il riconoscimento dei diritti dei lavoratori e degli uomini. Il mercato ha bisogni di etica, non di dazi che sono solo una trovata propagandistica della Lega Nord”.

La sfida che il sindacato ha di fronte nella gestione della crisi del tessile è molto impegnativa, e per saperla affrontare occorre un cambio di marcia, soprattutto da parte istituzionale. “Gia ad ottobre del 2003 – ha ricordato Salottini – la Femca, ha chiesto alla Provincia ed alle organizzazioni imprenditoriali l’attivazione di un Tavolo di confronto per esaminare le difficoltà del settore e l’estensione degli ammortizzatori sociali. Purtroppo siamo rimasti a lungo inascoltati. A febbraio, dopo che nella Finanziaria sono state stanziate le risorse necessarie per le Province con più forte vocazione tessile, ci siamo tenacemente riattivati, trovando questa volta attenzione nelle istituzioni locali e nel mondo delle imprese”. Una convergenza che ha consentito l’avvio nelle ultime settimane della definizione di un testo per una intesa territoriale che consenta di presentare al ministero del lavoro la richiesta, prevista in finanziaria, di una disponibilità economica, come è successo in altra province Lombarde, per sostenere i lavoratori delle piccole e medie imprese di Brescia di fronte all’incalzare della crisi. “In queste riunioni abbiamo nuovamente insistito perché tutto non si esaurisca una volta ottenuta la cassa integrazione per i lavoratori delle imprese artigiane, perché sarebbe ancora una volta  un’occasione persa. Chiediamo invece che il Tavolo provinciale diventi permanente, anche con funzioni di Osservatorio, e che venga coordinato dalle istituzioni locali, diventando il luogo di incontro tra le parti sociali con il compito di analizzare e di proporre interventi coordinati nella nostra realtà territoriale. Abbiamo bisogno di coordinamento anche nella gestione delle crisi, per essere in grado di offrire percorsi di riqualificazione ai lavoratori espulsi. Noi crediamo che la Provincia di Brescia deve assumersi questo onere in modo convinto”.

Francesco Saottini ha anche parlato dei non facili rapporti con le altre sigle sindacali confederali ed ha sottolineato che solo una contrattazione forte e decentrata consente al sindacato di governare le spinte della flessibilità: “Anche se la contrattazione aziendale nel nostro territorio ha risentito pesantemente delle situazioni congiunturali, contrattare tutto, dai salari alle condizioni di lavoro e agli orari, rappresenta per noi la parte principale della nostra attività di categoria dell’industria”.

Non sono mancati poi nella relazione d’apertura del Congresso della FEMCA approfondimenti sui rapporti intercategoriali nella Cisl bresciana (per i quali Saottini ha auspicato l’attivazione di sinergie e collaborazioni più strette) e sul contributo dei lavoratori stranieri che rappresentano nel settore una quota sempre più rilevante della forza lavoro.

Al termine del dibattito avviato questa mattina alla ripresa dei lavori del secondo giorno del Congresso, i delegati saranno chiamati a rinnovare il gruppo dirigente della Categoria.