Industria tessile, un taglio al filo dello sfruttamento
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Industria tessile, un taglio al filo dello sfruttamento

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Pubblicato il 26 Aprile 2017

Seguire a ritroso la filiera dello sfruttamento, dai negozi dove si comprano scarpe e magliette, fino alle fabbriche, prevalentemente ubicate in Asia, per smantellare il sistema degli abusi. E’ questo l’obiettivo che una coalizione internazionale, composta da organizzazioni della società civile, ha dichiarato in occasione della ricorrenza del disastro industriale di Rana Plaza, in Bangladesh, dove, il 24 aprile 2013, oltre mille e cento persone persero la vita in seguito al crollo della struttura dove lavoravano.

La richiesta di adesione alla “Iniziativa per la trasparenza nella catena di fornitura dell’abbigliamento e delle calzature” è contenuta nel rapporto “Segui il filo: alla ricerca della trasparenza di filiera nell’industria dell’abbigliamento e delle calzature”, presentato da una coalizione composta da organizzazioni non governative, fra cui Clean Clothes Campaign, Human Rights Watch, e dalle organizzazioni sindacali Ituc, la Confederazione Internazionale dei Sindacati, IndustriAll, il sindacato mondiale dell’industria, e Uni Global Union, il sindacato mondiale dei servizi.

Promuovere una filiera totalmente trasparente rappresenta un obiettivo ambizioso, il cui raggiungimento non appare facilitato dai governi, in particolare da quello del Bangladesh che continua a mantenere bassi i salari minimi e a ostacolare la formazione di sindacati indipendenti. E’ allora primariamente alle multinazionali del settore che la coalizione si rivolge lanciando un appello alla trasparenza e alla cooperazione per ripulire le catene di fornitura.