Il fisco italiano continua a produrre disuguaglianze. O comunque non aiuta ad attenuarle. E’ quanto emerge da una ricerca presentata stamane dalla Cisl. A parità di reddito, sostiene l’indagine “un pensionato che percepisce dai 10 ai 26 mila euro, sopporta in media un’aliquota Irpef del 5% più alta rispetto a quella pagata da un lavoratore dipendente”.
La differenza la fa il bonus fiscale di 80 euro che crea una discriminante “tra lavoratori dipendenti da un lato, pensionati e autonomi dall’altro”, ma anche “tra lavoratori dipendenti con reddito al di sotto, o subito al di sopra, della soglia di 26 mila euro”.
Non solo. “Anche i lavoratori dipendenti con reddito immediatamente a ridosso dell’area bonus (classe di reddito 26-29 mila euro) – continua la ricerca realizzata dal sindacato sui dati dei contribuenti che si sono rivolti al Caf della Cisl – pagano un’aliquota il 5% maggiore di coloro i quali rientrano nell’ultima classe dell’area bonus”.
In questo modo, tra i lavoratori dipendenti si produce “una disuguaglianza verticale”, sottolinea lo studio della Cisl. Disuguaglianza peraltro eliminata solo in parte dall’abolizione della Tasi sulla prima casa. Secondo il sindacato, infatti, il taglio dell’imposta sulla prima casa “favorisce i contribuenti a reddito medio e medio alto (in particolare, quelli che superano i 35/40 mila euro l’anno) e i pensionati”.
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