Anche un sindacalista bresciano ha parlato questa mattina a Roma dal palco che ha ospitato il comizio di chiusura della manifestazione nazionale di protesta dei lavoratori della sanità privata. Si tratta di Diego Zorzi, operatore della FPS CISL, la Federazione dei lavoratori pubblici, dei servizi e della sanità. Un flash brevissimo, ovviamente, che ha consentito però di sottolineare la specificità della nostra realtà che con 15 strutture (Istituto clinico Città di Brescia, Sant’Anna, Clinica San Rocco, Poliambulanza, Domus Salutis, Ospedale Fatebenefratelli Sant’Orsola, Fatebenefratelli San Giovanni di Dio, San Camillo, Casa Moro, Centro riabilitazione di Rovato, Villa Gemma di Fasano, Casa di riposo Villa Salute di Mompiano, Casa di riposo San Giuseppe di Brescia, Casa di riposo Paola di Rosa di Capriano del Colle e Casa di Riposo “Le Rondini” di Lumezzane) vede il privato costituire oltre il 50% della sanità bresciana.
Complessivamente erano un centinaio i lavoratori e i sindacalisti che hanno partecipato alla manifestazione che ha caratterizzato la giornata di sciopero per rinnovo del contratto. “La forte adesione, la convinta partecipazione e la costante pressione esercitata nei singoli territori ha ottenuto un primo importante risultato – spiega Angelo Galeazzi, Segretario generale della FPS CISL di Brescia, che ha preso parte alla manifestazione – ovvero la disponibilità delle associazioni datoriali di ritornare al tavolo di confronto nella giornata di lunedì 22 maggio. Se da un lato ci riteniamo molto soddisfatti per la riuscita dello sciopero, dall’altro siamo consapevoli che esso non chiude un percorso, ma è una tappa significativa della vertenza che si concluderà solamente con la firma del contratto. Non tolleriamo che a 28 mesi dalla scadenza del contratto, le giuste rivendicazioni dei lavoratori vengano strumentalizzate dalle associazioni che raggruppano il sistema imprenditoriale privato nella sanità al solo scopo di ottenere ulteriori finanziamenti pubblici.”
La sanità privata occupa in Italia oltre 150.000 lavoratori, professionisti che erogano cura e assistenza. Il loro salario oggi è più basso di alcuni operai specializzati dell’industria, nonostante la loro ampia formazione, i turni massacranti, la carenza di organico e il lavoro ad altissima responsabilità che svolgono. “Il sistema non regge più – conclude Galeazzi – il rinnovo del contratto, così come già avvenuto per la sanità pubblica, è un passaggio irrinunciabile per il riconoscimento del ruolo e della dignità di questi lavoratori. L’atteggiamento provocatorio delle associazioni datoriali ha innescato una sfiducia crescente che incide inevitabilmente sulla efficienza dei servizi e sulla credibilità di imprese entrate in questo settore con la pretesa di fare di più e di meglio della tradizionale struttura sanitaria pubblica “.