Oltre cento bresciani hanno partecipato a Milano alla manifestazione interregionale della Funzione Pubblica di Cgil, Cisl e Uil per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale di lavoro nella sanità privata, scaduto ormai da 27 mesi.
La manifestazione, promossa dalle federazioni nazionali, nell’ambito di una più articolata campagna di mobilitazione, ha visto la partecipazione di oltre 2000 lavoratori delle case di cura e dei centri di riabilitazione privati.
I lavoratori della sanità privata sono 150.000 in Italia, 20.000 in Lombardia e più di 4.000 a Brescia. Il loro contratto di lavoro è scaduto il 31 dicembre 2003.
Le strutture sanitarie private bresciane sono quattordici: Istituto clinico Città di Brescia, Sant’Anna, Clinica San Rocco, Poliambulanza, Domus Salutis, Ospedale Fatebenefratelli Sant’Orsola, Fatebenefratelli San Giovanni di Dio, San Camillo, Casa Moro, Centro riabilitazione di Rovato, Villa Gemma di Fasano, Casa di riposo Villa Salute di Mompiano, Casa di riposo San Giuseppe di Brescia e Casa di riposo Paola di Rosa di Capriano del Colle.
“A questo punto della vertenza – spiega Angelo Galeazzi, Segretario generale della FPS CISL di Brescia – si apre una fase alla quale non avremmo mai voluto arrivare. Le inaccettabili posizione delle Associazioni che rappresentano la sanità privata in sede di trattativa avranno, se confermate, una sola risposta: lo sciopero. Lo dico a malincuore e con grande preoccupazione perché i lavoratori della sanità sanno bene quello che uno sciopero può rappresentare per i malati, per i loro famigliari e l’andamento ordinario delle strutture sanitarie. Ma se sciopero sarà, bisogna che i cittadini sappiano che la responsabilità è esclusivamente delle proprietà di cliniche, istituti e case di riposo private che speculano sulle spalle dei lavoratori e che usano il grimaldello del contratto per spillare più soldi alle Regioni. Io spero e con me lo sperano tutti i lavoratori della sanità privata a Brescia, che si torni rapidamente ad un confronto aperto tra le parti e che si eviti una stagione di conflitto che ricadrebbe inevitabilmente sui soggetti più deboli e più indifesi”.